Luglio 1998. La nazionale francese affronta a Parigi nella finale del campionato mondiale di calcio il Brasile. A guidare la difesa c’é Laurent Blanc, forte libero di O.Marsiglia, Inter e Manchester United. Al suo fianco Marcel Desailly (roccioso difensore centrale originario del Ghana), Lilian Thuram (elegante esterno nato in Guadalupa) e Bixente Lizarazu (terzino destro di origine basca). La partita finisce tre a zero. Due gol sono del campione francoalgerino Zinedine Zidane. E’ la vittoria di una nazionale che dimostra – dopo le scorribande coloniale e i massicci flussi migratori in entrata – di saper, almeno nel calcio, far sentire proprio cittadini anche i figli di territori lontani da Parigi.
Un tricolore “black-blanc-beur” che inorgoglisce la Francia e sembra dimostrare che si può convivere e che si può addirittura essere i migliori del mondo grazie alla valorizzazione di un variopinto meltingpot.
Aprile 2011. Laurent Blanc è da pochi mesi commissario tecnico della nazionale francese. Il suo compito è quello di rilanciare un movimento in crisi di risultati. Le prime partite gli danno ragione, qualche bella vittoria e buone prospettive per il futuro.
Ma è proprio sul futuro, del calcio francese e più in generale della società transalpina, che Blanc si trova in questi giorni a giocare un match difficilissimo. E’ della settimana scorsa la polemica sulla proposta di “quote straniere” all’interno delle squadre nazionali giovanili. Lo scandolo lo coinvolge con alcuni dirigenti della federazione. Una vicenda brutta, di razzismo e di fredda “contabilità etnica”, che di fatto spacca anche la squadra che tredici anni prima aveva vinto il mondiale.
Difensore o attaccante? Blanc ha sempre giocato al centro della difesa. E in questa occasione, più o meno involontariamente, è stato messo nella condizione di essere architrave di una nuova fase della storia francese che vorrebbe porre limiti alla presenza straniera e vorrebbe allinearsi al tendente spostamento a destra della politica europea. Si trova a far parte di un reparto difensivo folto e muscolare, determinato a imporre una nuova visione della relazione (o non-relazione) con l’altro. I cittadini “veri” contro i francesi non autentici, sempre più indesiderati. Il calcio e la nazionale sono avamposti simbolici di un discorso ben più ampio che vorrebbe coinvolgere l’intera società.
Le scuse del commissario tecnico arrivano immediatamente, così come la sospensione del dirigente promotore delle quote. Ma le polemiche non si placano e c’è chi è va all’attacco. Lilian Thuram si lancia, come faceva un tempo sulle fascia del campo da gioco, in un duro j’accuse sul clima che si respira in Francia. Non divide la questione specifica delle quote – solo all’apparenza messa da parte e stigmatizzata – da una più generale sensazione di non essere percepito lui stesso come cittadino francese a tutti gli effetti. Descrive la crescita costante di consensi del Fronte Nazionale ed è preoccupato da ció che sará domani della comunità francese di cui fa parte.
Cosa dopo la fine del modello multiculturale? Tanti analisti e politici hanno dato nell’ultimo periodo per superato il modello multiculturale. Non credo si possa obbiettare molto a quest’idea e la polemica attorno alla nazionale francese – multietnica e vincente, eppure secondo alcuni da regolamentare – ne é segnale non trascurabile anche se ovviamente non esclusivo e non analizzabile in maniera semplicistica. Il vero tema di discussione, su cui tutti sono invitati a dire la propria, é quello legato alla comprensione del cosa verrà dopo. Riemergono in questo frangente di transizione verso un nuovo modello di relazione con l’alteritá – necessità che ci è imposta dalle rivolte in corso nel nordafrica, oltre che da flussi migratori che superano qualunque confine e da una mondo per sua natura meticcio – idee e iniziative che propongono l’esclusione e la negazione dell’incontro con l’altro come basi di future comunità identitarie e chiuse.
Dando per assodato che questo modello conservatore e dai contorni razzisti continua a mostrare – escludendone forse solo il forte lato propagandistico – i propri limiti, quale sarà il futuro possibile in termini di cittadinanza e interazione? Si può cominciare ad immaginarlo insieme?
Pongo queste domande a chiunque voglia esprimersi.
f.