Costanti confusioni politiche.
Mauro Magatti | I valori su cui scommettere
nel disordine delle ideologie | Corriere della Sera
Un’interessante riflessione che però rischia di essere eccessivamente ecumenica. E’ davvero possibile una transizione senza una rottura netta con il precedente paradigma? “Ciò implica puntare a costruire una società post-consumerista. Che non significa ostile ai consumi, ma piuttosto consapevole che, nella fase in cui ci troviamo, il benessere va conquistato tutti insieme, scommettendo e costruendo quei «valori» (qualità dell’ambiente, investimento nella formazione, innovazione nelle relazioni di lavoro, lotta alla disuguaglianza, centralità della qualità della vita) che decidiamo di rendere prioritari. Obiettivo raggiungile solo con una politica capace di «mettersi in mezzo» per ricucire i frammenti di una società in pezzi.”
– Di Mauro Magatti anche questo pezzo, pubblicato su Generatività Sociale –
Kaveh Waddell | Discriminati da un algoritmo | The Atlantic
Gli algoritmi hanno la capacità di influenzare le nostre vite più di quanto crediamo, segnando stili di vita, opportunità ed esclusioni, scelte politiche. “Prevenire la discriminazione algoritmica non è una sfida facile. È complicato obbligare le aziende a rispettare le leggi che dovrebbero proteggere i consumatori da pratiche creditizie ingiuste, sostiene Danielle Citron, docente di diritto all’università del Maryland. “Non abbiamo regole certe. Per certi versi è una specie di far west”
Fabio Chiusi | L’Hacktivism può salvare le democrazie | L’Espresso
Eppure, lì dove c’è il problema si può trovare anche la soluzione. “Dobbiamo incoraggiare le persone a non accettare la tecnologia per ciò che è”, dice nelle battute finali. “Dobbiamo spronarle a pensare a cosa le circonda, mettere in discussione l’autorità – se l’autorità è l’ambiente tecnologico in cui sono immerse – e comprendere che quando cominciamo a sottrarne strato a strato si vede l’esercizio di potere sottostante”. Ecco a che serve l’hacktivismo: “Se vogliamo che le democrazie liberali prosperino c’è bisogno di persone che tolgano quegli strati, e capiscano cosa sta accadendo sotto”
Alessandro Fusacchia | Dobbiamo ricominciare ad innamorarci | Medium
Claudio Giunta nei giorni scorsi – all’interno di “Siamo Europa” – ammetteva di non conoscere il funzionamento della macchina europea e aggiungeva che l’Europa per diventare patrimonio comune si sarebbe dovuta (e si dovrebbe) insegnare fin dalle prime scuole, con l’ambizione di farla diventare una “religione civica”, qualcosa che ti entra dentro. Ovviamente così non è, al netto delle storture dell’attuale formula europea.
Alessandro Fusacchia aggiunge altra carne al fuoco in un’intervista che si interroga proprio su cosa significhi oggi insegnare l’Europa. Innamorarsi dell’Europa oggi non è semplice, ma quando mai lo è stato…
Ilda Curti | Perché le parole sono importanti? La faglia, l’Europa e la visione di società che sta dietro alle parole | http://www.ildacurti.it
“Credo che il compito lungimirante, visionario, altissimo delle classi dirigenti del campo progressista- politiche, culturali, sociali – oggi dovrebbe essere questo: chiamare a raccolta le comunità intorno, ridare significato alle parole, immaginare la società dei nostri figli e nipoti. Smetterla di giocare al continuo presente e chiedersi cosa succederà nel 2050. Quale welfare, quali diritti, quale interazione, quale spazio politico e democratico, quale lavoro e a quali condizioni. Quali istituzioni e quale economia, locale e globale. Agire, adesso, per ricostruire dopodomani.”
Ernesto Galli Della Loggia | La politica senza partiti
e la ricchezza privata | Corriere della Sera
Mi stupisco di condividere un pezzo di un editorialista che normalmente ignoro, di fatto non leggo. E la cosa più inquietante è che, dopo averne condiviso l’analisi generale la penso come lui anche sui collegi uninominali maggioritari, unica sensata riforma elettorale, all’insegna della territorialità, che si potrebbe/dovrebbe immaginare. “Se nei regimi democratici scompaiono i tradizionali partiti organizzati (Macron, lo ricordo, non aveva inizialmente alcun partito dietro le spalle), se non ci sono o latitano le grandi associazioni sindacali e di categoria, e se non esiste il finanziamento pubblico alla politica, allora tutto il meccanismo politico-elettorale non può che essere fatalmente dominato dalla ricchezza privata. Da quella dei singoli ricchi o, più facilmente, dalla ricchezza istituzionalizzata delle banche e dei grandi interessi finanziari in genere. Non è lecito dedurne sic et simpliciter che allora la politica sarà al servizio dei «ricchi». Ma certo è arduo pensare che stando così le cose essa possa mai prendere decisioni che gli dispiacciano. O che possano arrivare al governo persone che non abbiano il loro consenso di massima.”
Cultura emergente.
Ilaria Giuliani | Gogol Company di Milano, la libreria al centro della rete | CheFare
Per la mia voglia di libreria ibrida, un esempio forse troppo grande ma davvero interessante. “Si tratta di librerie indipendenti, che provano a diventare centri vitali, luoghi di socializzazione e che cercano di non esaurirsi nella vendita del libro ma di attrezzarsi di caffetterie, eventi, spazi di coworking, talvolta in quartieri in cui l’offerta culturale si fa meno frequente.”
Anna Lucia Cagnazzi | Ex Asilo Filangeri: uno spazio di possibilità| CheFare
“Nel dettaglio, la Dichiarazione d’Uso Civico si è declinata con due caratteristiche portanti: intanto viene riconosciuta una comunità informale, quindi non una serie di individui ma una comunità mutevole ed estremamente aperta, potenzialmente infinita; inoltre contempla che gli organi di autogoverno, tra cui il principale (l’assemblea di indirizzo), hanno il potere di modificare le regole, hanno, cioè, attraverso una procedura aggravata, il potere di autonormazione. Quindi non viene affermato un regolamento statico, ma viene riconosciuta a questa comunità la possibilità di modificare nel tempo le regole per permettere di adeguarle alle pratiche, ma attraverso una procedura particolare che consente di non venire meno alle garanzie che si sono date nel momento costitutivo.”
Ilda Curti |Cultura, comunità, partecipazione: ribaltare il paradigma per costruire futuro | ildacurti.it
Peccato – ma sta nelle cose, in come è lei – che fatichi a intercettare Ilda, a fermarla un attimo per farmi aiutare a mettere un po’ d’ordine. Ma leggerla aiuta sempre. “La cultura, le Istituzioni culturali, sono strumento di democrazia perché possono diventare luoghi dove intercettare/costruire/coinvolgere nuovi immaginari. Possono contribuire alla revisione dei codici culturali di una comunità se accettano di mettere in discussione i propri perimetri. Superando la frattura del dentro/fuori, possono rendersi permeabili a nuovi significati che una società g-locale produce a prescindere dal luogo codificato, giusto, corretto per farlo. Si fanno luogo, come direbbe Emmanuele Curti – tessitore di bordi e di sconfinamenti.”
Natascha Fioretti | La ribellione dei lettori | Azione
Il giornalismo ha ancora un futuro? Solo se si saprà ribellare alle dinamiche che lo hanno ridotto allo stato attuale. Una scommessa rischiosa, ma che questa storia ci dice essere almeno da sperimentare. Servono qualità, comunità che ne riconoscano il valore, un po’ di incoscienza.
Città e montagna, e altre questioni che riguardano i luoghi della vita.
Marco Minicucci | Macao ci costringe a domandarci cosa significhi essere pubblici oggi a Milano | CheFare
La storia di Macao – da cinque anni a questa parte – descrive un modello organizzativo molto interessante, orizzontalissimo, e una prospettiva nell’interpretazione dello spazio pubblico potenzialmente rivoluzionario. Da non perdere di vista.
Piero Pelizzaro |Giacimenti di resilienza a Palermo | http://www.flowsmag.com
Uno sguardo a sud, con nostalgia e attesa. “Oggi Palermo porta avanti un progetto che non volge le spalle all’Europa continentale, ma che anzi apre le braccia dell’Europa a chi arriva sulle coste mediterranee. Un progetto che gode della bellezza e del lavoro di donne e uomini che si sono messi al servizio della propria città senza se e senza ma, lavorando con i giovani desiderosi di conoscere il mondo e di far conoscere Palermo nel mondo. Per me Palermo oggi ha una grande opportunità, ripartire dalla memoria e dalle ferite secolari, aprirle per far sprigionare quel sangue vitale di chi, davanti alle avversità, stringe i denti e non solo, e mette in campo il meglio della propria creatività e la cultura di chi ha dialogato con tutti nei secoli.”
Ilda Curti e Michele D’Alena |La rigenerazione urbana come egemonia culturale | CheFare
“Si è messo in conto il cambiamento, la flessibilità, la generatività del processo, modificando così le maglie rigide delle dicotomie consuete: pubblico vs.privato, no-profit vs.profit, socio-culturale vs. economico, professionale vs. volontario. Tenendo ferma, però, la barra del “bene comune”, collettivo, come elemento distintivo.” “Mentre le libertà individuali e collettive sono in completa crisi identitaria, queste progettualità possono avere valore politico se riusciamo a intravederne – ancora latente e carsico -un unico e potente movimento contro-egemonico in grado di dare voce a ciò che altrimenti rimarrebbe impercettibile. Possono offrire nuovi alfabeti per raccontare un nuovo mondo. Qui si articolano pratiche che pongono la rigenerazione come nuova e (unica) possibile forma di egemonia culturale. Forse l’unica rimasta. O, almeno, quella da cui ripartire.”
Franco Arminio | Appunti per chi si occupa di sviluppo locale | comunitaprovvisorie.wordpress.com
“Allora bisogna aprire porte che non ci sono, bisogna esercitarsi nell’impensato, bisogna essere rivoluzionari se si vuole riformare anche pochissimo. I paesi non moriranno, anche grazie ai loro difetti, grazie al loro essere luoghi che tutelano le malattie di chi li abita. In paese si fallisce, ma in un certo senso non si fallisce mai perché si fallisce a oltranza. È come dormire sempre nelle stesse lenzuola. Bisogna arieggiare il paese portando gente nuova, il paese deve essere un continuo impasto di intimità e distanza, di nativi e di residenti provvisori. Questo produce una dinamica emotiva ed anche economica. E la dinamica è sempre contrario allo spopolamento: bisogna agitare le acque, ci vuole una comunità ruscello e non una comunità pozzanghera.”