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La vocazione comunitaria di Elly Schlein apre una nuova fase politica, se lo vogliamo.

In Occhi sul mondo, Ponti di vista on marzo 2, 2023 at 1:23 PM


L’effetto di un flash. Come ogni sorpresa – non solo in politica – anche la vittoria di Elly Schlein alle primarie del partito democratico produce in un primo momento un certo grado di spaesamento e, di conseguenza, reazioni e sentimenti molto differenti tra loro. 

Un avvenimento imprevisto che – almeno in potenza – produce un cambiamento di fase, una svolta che costringe a fare i conti con uno scarto di lato che non riguarda solo, opinione mia che metto qui in discussione, la leadership del Partito Democratico ma la possibilità di entrare in una nuova stagione politica per quanto riguarda protagonistə, linguaggi e forme dell’azione politica. Non una provocazione o una deriva massimalista come qualcuno la dipinge, ma un riallineamento al contesto complesso e disordinato con cui la Politica deve confrontarsi.

Bene faremmo di fronte a questa “piccola rivoluzione” – per me un piacevole trambusto, gravido di futuro – a mettere a punto le nostre bussole, affinché i prossimi passi di un percorso che ci auguriamo condiviso siano condotti con sufficiente lucidità e crescente convinzione.

C’è un primo dato, a mo’ di premessa, che è bene aver chiaro in testa. La proposta che Elly Schlein ci sottopone (e con lei, lo abbiamo visto, un nutrito seguito di cittadini e cittadine) ha il grande pregio di leggere con precisione e realismo – non come posa ma come urgenza concreta, come attitudine alla verità e non alla promessa – le principali linee di rottura con un mondo precedente, il Novecento delle magnifiche sorti e progressive, su cui non si può più contare.

Uso volontariamente il termine realismo, che normalmente applichiamo ad altre culture politiche, proprio perché credo che la candidata (oggi segretaria) Schlein abbia convinto perché ha saputo descrivere l’agenda che dobbiamo fare nostra se vogliamo creare le condizioni per sfuggire allo stato di incertezza in cui da un paio di decenni almeno siamo costretti.

Non è velleitario ma estremamente aderente alla realtà affermare che la crisi climatica in atto presuppone la revisione del modello di sviluppo che ci ha condotto fin qui. Vale lo stesso discorso quando di fronte alle tragedie dell’immigrazione (l’ultima proprio nel giorno delle primarie a Crotone) e le fatiche della convivenza si dice che la Politica dovrebbe saper contemporaneamente aggiustare la globalizzazione impazzita – le guerre ne sono diretta e dolorosa conseguenza, non soluzione -, stringere le fila delle politiche di soccorso e accoglienza, modificare le caratteristiche oggi escludenti del diritto di cittadinanza. E ancora, quando si afferma che per combattere le crescenti diseguaglianze si deve lavorare convintamente per una giustizia sociale che si basi su un migliore rapporto tra tempi di lavoro – è più di un’idea la settimana di quattro giorni a parità di salario – e reddito (adeguato al costo della vita, garantito in assenza di impiego), su sistemi di welfare orientate all’universalità, su infrastrutture per la cura diffuse e pubbliche non si fa altro che riconoscere i bisogni stringenti di ogni cittadino e ogni cittadina.

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Pums 2022/2032 _ Cambiare i piani della città

In Ponti di vista, sulla soglia on febbraio 22, 2023 at 8:30 am

Succede a volte che si porti avanti a lungo un grande lavoro e poi – una volta votato in aula un provvedimento – se ne dimentichi troppo velocemente l’esistenza. Mi sembra sia in parte il caso del PUMS, piano urbano per la mobilità sostenibile, licenziato dal Consiglio comunale di Trento nelle due sedute dell’8 e 9 febbraio scorsi.

Nella voluminosa e articolata documentazione prodotta in sinergia dagli uffici comunali e dai consulenti di Sintagma quello che prende forma è una proiezione a dieci anni che interpreta al meglio la trasformazione in atto per quanto riguarda la pianificazione della mobilità, non più solo intesa come analisi e gestione dei flussi di traffico cittadini.

Persone e loro benessere al centro. Qualità della vita, salute e equità sociale come obiettivi. Strategia multilivello e interdisciplinare. Interconnessione stretta tra diverse politiche urbane, rappresentate dagli altri documenti strategici che in questi mesi abbiamo affrontato nei lavori consiliari.

Lo stato della città – per il presente e il prossimo futuro – deve incrociare quindi le sfide ambientali (il fit for 55 europeo per l’abbattimento delle emissioni climalteranti passa anche per una significativa riduzione della mobilità privata) con quelle urbanistiche (Richard Sennett parla di “progettare il disordine” e Trento ha bisogno di riordinare gli esiti degli scorsi decenni di ampliamenti scomposti sia verso nord che in collina). A questi due fronti complementari aggiunge l’aspetto sociale e comunitario, grazie alla comprensione che lo spazio urbano si qualifica nelle sue reti (le linee su cui ci muoviamo) e nei suoi tessuti (lì dove si condensano le relazioni, si rafforza la coesione).

Siamo di fronte a un nuovo modo di progettare e vivere la città – l’ottavo report di Urban@it parla apertamente di una fase “post-car”, oltre l’automobile – che si pone obiettivi chiari per modificare gli equilibri dello split modale. Significa togliere dalle strade un terzo delle automobili (non basterebbe la sola sostituzione con altrettanti mezzi elettrici) e aumentare parallelamente l’utilizzo del trasporto pubblico, da rendere molto più attrattivo per frequenza e puntualità. E ancora, facilitare e mettere in sicurezza la mobilità dolce in bici e a piedi.

Quella che ne consegue è una strategia integrata di decine di azioni, tra loro complementari. Ci sono interventi di grande portata infrastrutturale, come la progettazione del collegamento nord/sud (ai miei occhi le due linee di tramvia da Lavis alle Torri di Madonna Bianca erano la vera “grande opera” di questa consiliatura) e le cerniere di mobilità che hanno il compito di tenere fuori dalle zone più centrali i grandi flussi automobilistici provenienti dalle valli del Trentino. C’è poi un impegno di sistematizzazione della proposta per la ciclabilità, dove il biciplan e la bicipolitana rendono l’esperienza su due ruote comoda e non marginalizzata. Sullo sfondo, come cambiamento culturale per la vivibilità urbana, c’è un generale approccio alla “città 30 all’ora” che rallentando i mezzi più ingombranti e pesanti intende rendere lo spazio urbano più adatto alla circolazione in sicurezza di cittadine e cittadini.

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Il nostro futuro è una storia da scrivere insieme…

In Uncategorized on febbraio 17, 2023 at 7:58 am

Il tempo che stiamo vivendo chiede un surplus di desiderio che attivi energie e fantasia dentro la comunità. Lo stato di un panorama partitico impegnato a difendere ipotetiche rendite di posizione e incapace di essere avanguardia nel governo delle grandi trasformazioni in atto genera però frustrazione e sfiducia, confermati anche dal crollo dell’affluenza al voto nelle recenti elezioni regionali.

È faticoso stare in questo incrocio di emozioni perché da un lato non posso chiamarmi fuori – come consigliere comunale e attivista di Futura – da questa crisi di sistema. Se siamo ancora in questa condizione di fragilità significa che i tentativi messi in atto fin qui non hanno saputo toccare le corde giuste, non hanno cambiato lo scenario, non hanno prodotto l’emersione di nuova classe dirigente.

Dall’altro lato, sarebbe troppo facile accodarsi all’attacco generico alla Politica come unica colpevole. Un esercizio che va per la maggiore senza offrire però un’alternativa credibile (dentro e fuori le istituzioni) per elaborare pensiero e azione politica, per rispondere ai bisogni e ai desideri di ciascuno,  per elaborare strategie in grado di resistere e reagire alle tensioni che il mondo contemporaneo subisce.

Per farlo serve più politica. Meglio: serve una rigenerazione delle comunità politiche e sociali del Trentino che non sia impermeabile a ciò che ci succede attorno ma derivi da un’idea forte di interdipendenza con il Mondo, nel rapporto reciproco e generativo con l’Europa, con lo Stato, con la macroregione alpina, con i vicini a nord e a sud. In quest’ottica torniamo a investire in cooperazione e relazioni internazionali? Ci inseriamo convintamente in coalizioni di territori e città che immaginano e costruiscono insieme gli elementi desiderabili del futuro? 

Questa rigenerazione deve portare a guardarci onestamente dentro, lì dove la specialità amministrativa di cui beneficiamo deve trovare nuove fondamenta culturali e materiali, e che – pur da un territorio di confine – dovrebbe permetterci non solo di difenderci dai possibili rischi connessi alla cosiddetta Autonomia differenziata ma di proporci come artefici credibili di una nuova fase federalista nel contesto europeo.

Quello che immagino è quindi un Trentino che riscopre e rimette in moto le sue diverse articolazioni: tessuti connettivi di prossimità, comunità operose, filiere di competenze e grumi di progettualità. Riprendiamo in mano il ruolo di Comunità di Valle e Comuni, investendo nel loro funzionamento, in chiave democratica e partecipativa. Non disperdiamo la tradizione e rilanciamo l’attualità del modello cooperativo (nell’agricoltura, nel credito, nell’organizzazione del lavoro) che rischia altrimenti il definitivo appiattimento su modelli di tipo estrattivo. Presidiamo la gestione dei beni comuni come l’acqua, l’energia, il paesaggio, gli spazi urbani, le relazioni: ricchezze (limitate) di questa terra che dobbiamo riportare a una gestione mutualistica, prima che sia troppo tardi.

Solo se questa infrastruttura sarà rimessa in sesto potranno davvero “girare” le idee che devono rispondere alle priorità in agenda.

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Una casa (e maggiori attenzioni) per le rider e i rider

In Ponti di vista, sulla soglia on gennaio 22, 2023 at 10:21 PM

C’è una storia che ci aiuta a descrivere il fenomeno della consegna a domicilio e delle sue più evidenti criticità. Il 2 ottobre 2022 Sebastian Galassi viene investito e ucciso da un suv mentre con il suo motorino lavorava per una nota azienda di food delivery. Il giorno dopo quella stessa piattaforma invia al suo collaboratore (a quel punto già morto) un asciutto messaggio digitale che gli comunica la sospensione del rapporto. 

Quello di Sebastian è certamente un caso estremo – sono numerosi però gli infortuni, anche gravi, di ciclofattorini – ma rende più chiaro il disallineamento tra la materialità del lavoro (che si svolge nello spazio urbano della città, moderna fabbrica diffusa) e l’intangibilità del cuore dell’economia di piattaforma, ossia quell’algoritmo che determina incrocio virtuoso tra domanda e offerta, tra richiesta del cliente e operatività dei vettori di consegna, che hanno in bicicletta, gambe e smartphone gli indispensabili strumenti di lavoro.

Cosa ci sia dentro il motore degli algoritmi delle principali piattaforme è difficile dirlo, visto che sono protetti da segreto industriale, ma ciò che possiamo dire è che è l’ingrediente etico (oggi davvero scarso) quello che fa pendere il funzionamento dell’algoritmo verso lo sfruttamento, l’eccesso del controllo, l’abbassamento delle tutele oppure verso il rispetto delle professionalità e della dignità, la chiarezza dei diritti e della coperture assicurative e previdenziali.

La contrattazione con l’algoritmo, così come giustamente l’ha definita il Sindaco Ianeselli nel suo intervento in aula, riguarda oggi (fonte Inapp) più di mezzo milione di lavoratori e lavoratrici, di cui buona parte (ca. 275mila) riconoscono nell’economia di piattaforma la propria occupazione principale. Non lavoretti quindi, non riempitivi o ricerca di un reddito integrativo. Un frangente di forza lavoro che risulta invisibile ai più e che necessita di interventi specifici.

La tradizionale azione sindacale fa fatica a tener insieme una fattispecie così frammentata, la giurisprudenza con alcune sentenze pilota spinge verso il riconoscimento del lavoro subordinato e dell’inquadramento nel settore del commercio. In assenza di una legislazione complessiva e puntuale – sarà compito di Parlamento Europeo e Parlamento nazionale elaborarla – le amministrazioni comunali possono invece impegnarsi con interventi mirati alla comprensione del fenomeno e al sostegno delle rider e dei rider attivi sul loro territorio. 

Così ha fatto Bologna con la nascita di Consegne etiche, modello cooperativo su scala municipale di consegna a domicilio che coinvolgendo tutti gli attori della filiera (amministrazione, produttori, negozi, rider e cittadini) mette al centro la sostenibilità di uno schema di produzione e consumo che non può scaricare tutti i costi sull’anello più debole – il lavoro precario – della sua catena del valore. Oppure come deciso dal Comune di Modena che nelle settimane scorse ha inaugurato uno spazio dedicato ai ciclofattorini, riconoscendo loro un luogo di ristoro, assistenza e relazione. 

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La neve che manca. La neve che ci inventiamo.

In Ponti di vista, sulla soglia on gennaio 20, 2023 at 2:53 PM
People skiing on a cross country slope in Ramsau, Austria, Friday, Jan. 6, 2023. (AP Photo/Matthias Schrader)

Non serve essere militanti di Ultima Generazione (certamente vi è capitato di incrociare una delle loro appassionate e radicali proteste) per essere preoccupati del pessimo stato degli equilibri ambientali attuali. Siamo nel mezzo di uno degli inverni più caldi degli ultimi sei secoli, testimoni di una delle stagioni più siccitose dello stesso periodo. Non un’eccezione quindi, ma una tendenza. A ricordarcelo il report pubblicato da «Nature Climate Change» che segnala come nell’ultimo secolo si sia perso un mese di copertura nevosa all’anno sull’arco alpino, a 3.000 metri di quota. L’ennesimo segnale della crisi climatica a cui dobbiamo dedicare maggiore attenzione.

E’ dentro questo scenario che la Marcialonga festeggia il suo cinquantesimo compleanno. Un traguardo importante per una manifestazione che unisce prestigio agonistico, richiamo sportivo per migliaia di appassionati, visibilità per un intero territorio. La praticabilità del percorso negli ultimi anni – vista l’incostanza del manto nevoso naturale – è stata spesso garantita attraverso l’innevamento artificiale e già su questo fronte è d’obbligo porre l’accento sui rischi per la sostenibilità generale dell’evento. Quest’anno però, ancora prima di arrivare alla mass start dalla piana di Moena, due tra i momenti di avvicinamento hanno attratto la nostra attenzione e – in tutta sincerità – non ci hanno convinto. 

In primis la conferenza stampa realizzata in volo a bordo di un Dash 8 Q400 di SkyAlps decollato da Bolzano (pur con la prevista “compensazione” di cento alberi piantati dalla società organizzatrice, che tanto sa purtroppo di greenwashing) ci è sembrata perdere di vista completamente la misura e il senso del limite, che inviterebbe a ridurre le emissioni climalteranti alla radice, prima quindi di cercare il modo – comunque parziale e riparativo – di porvi rimedio a posteriori.

In seconda battuta l’evento previsto nel centro di Trento il prossimo 26 gennaio – con una pista da fondo temporanea allestita in via Belenzani – con la prevedibile posa di neve artificiale trasportata meccanicamente in loco, ci sembra un’iniziativa incompatibile dentro il contesto che abbiamo descritto in premessa. Appare da un lato un inspiegabile spreco (di acqua, di energia, di nuovo di emissioni superflue) e dall’altro una distorsione dell’immaginario di sostenibilità che dobbiamo saper restituire agli sport invernali e, più in generale, al nostro rapporto con la montagna, con la natura e con i suoi limiti, troppo spesso dimenticati.

Perché anche i simboli contano, soprattutto se così estremi e fuorvianti. E perchè è questo il momento di affrontare la transizione verso un nuovo modello economico e culturale, imposto dal rapido deterioramento della tenuta ecosistemica, causata soprattutto della strabordante impronta ecologica umana. Ce lo ricordano Michele Nardelli e Maurizio Dematteis nel loro libro dall’eloquente titolo “Inverno liquido” (ed. DeriveApprodi, 2022) che attraverso un variegato itinerario lungo Alpi e Appennini descrive criticità e possibili alternative alla monocultura dello sci di massa.

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