
Il tempo che stiamo vivendo chiede un surplus di desiderio che attivi energie e fantasia dentro la comunità. Lo stato di un panorama partitico impegnato a difendere ipotetiche rendite di posizione e incapace di essere avanguardia nel governo delle grandi trasformazioni in atto genera però frustrazione e sfiducia, confermati anche dal crollo dell’affluenza al voto nelle recenti elezioni regionali.
È faticoso stare in questo incrocio di emozioni perché da un lato non posso chiamarmi fuori – come consigliere comunale e attivista di Futura – da questa crisi di sistema. Se siamo ancora in questa condizione di fragilità significa che i tentativi messi in atto fin qui non hanno saputo toccare le corde giuste, non hanno cambiato lo scenario, non hanno prodotto l’emersione di nuova classe dirigente.
Dall’altro lato, sarebbe troppo facile accodarsi all’attacco generico alla Politica come unica colpevole. Un esercizio che va per la maggiore senza offrire però un’alternativa credibile (dentro e fuori le istituzioni) per elaborare pensiero e azione politica, per rispondere ai bisogni e ai desideri di ciascuno, per elaborare strategie in grado di resistere e reagire alle tensioni che il mondo contemporaneo subisce.
Per farlo serve più politica. Meglio: serve una rigenerazione delle comunità politiche e sociali del Trentino che non sia impermeabile a ciò che ci succede attorno ma derivi da un’idea forte di interdipendenza con il Mondo, nel rapporto reciproco e generativo con l’Europa, con lo Stato, con la macroregione alpina, con i vicini a nord e a sud. In quest’ottica torniamo a investire in cooperazione e relazioni internazionali? Ci inseriamo convintamente in coalizioni di territori e città che immaginano e costruiscono insieme gli elementi desiderabili del futuro?
Questa rigenerazione deve portare a guardarci onestamente dentro, lì dove la specialità amministrativa di cui beneficiamo deve trovare nuove fondamenta culturali e materiali, e che – pur da un territorio di confine – dovrebbe permetterci non solo di difenderci dai possibili rischi connessi alla cosiddetta Autonomia differenziata ma di proporci come artefici credibili di una nuova fase federalista nel contesto europeo.
Quello che immagino è quindi un Trentino che riscopre e rimette in moto le sue diverse articolazioni: tessuti connettivi di prossimità, comunità operose, filiere di competenze e grumi di progettualità. Riprendiamo in mano il ruolo di Comunità di Valle e Comuni, investendo nel loro funzionamento, in chiave democratica e partecipativa. Non disperdiamo la tradizione e rilanciamo l’attualità del modello cooperativo (nell’agricoltura, nel credito, nell’organizzazione del lavoro) che rischia altrimenti il definitivo appiattimento su modelli di tipo estrattivo. Presidiamo la gestione dei beni comuni come l’acqua, l’energia, il paesaggio, gli spazi urbani, le relazioni: ricchezze (limitate) di questa terra che dobbiamo riportare a una gestione mutualistica, prima che sia troppo tardi.
Solo se questa infrastruttura sarà rimessa in sesto potranno davvero “girare” le idee che devono rispondere alle priorità in agenda.
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