
___ Le parole di un anno che ne vale dieci.
Mi avvicino alla discussione del bilancio sempre con una particolare attesa. Si tratta infatti del momento in cui si può tentare di portare al massimo livello la qualità dell’interlocuzione politica, l’ambizione di contribuire con le proprie proposte all’indirizzo dell’azione di governo della città.
Confermo qui questo senso alto di responsabilità che sento mentre tento di mettere in fila parole che devono entrare in connessione (e perchè no, in conflitto dove serve) con quelle che gli altri consiglieri e consigliere pronunceranno in questi giorni o che il Sindaco Ianeselli e l’Assessora Franzoia hanno già utilizzato presentandoci la previsione di bilancio per l’anno 2023 e – almeno in filigrana – per gli anni successivi.
Dodici mesi fa per iniziare presi spunto dal Rapporto Censis e dalla sua fotografia annuale dello stato della società italiana, ma il Sindaco mi ha anticipato richiamando nel suo intervento la malinconia che ci attanaglia, che ci blocca, che ci impedisce di proiettarci nel futuro. Ci tornerò poi, per un appunto connesso a questa mia introduzione.
Nanni Moretti – in Palombella Rossa – ripeteva spesso che le parole sono importanti: “Chi parla male, pensa male e vive male”. A trent’anni di distanza quel monito è ancora più azzeccato lì dove i tempi della politica (e non solo della politica) sono ulteriormente accelerati, l’attenzione ai termini e al loro utilizzo spesso piuttosto superficiale. Servono parole buone, che costruiscono pensieri attenti alla vita di comunità e alle sue sfumature, ai suoi lati meno in luce, alle sue sofferenze.
In questo esercizio di composizione di vocabolario – per un anno che, come i precedenti, sembra contenere un decennio – mi sono fatto aiutare da altri, e in particolare da un inserto speciale dei periodici Internazionali e l’Essenziale, osservatori preziosi e plurali di ciò che ci capita attorno.
La prima quartina è: povertà, squilibrio, gentrificazione, periferia. Si allargano le fasce di popolazione che, citando Collodi in Pinocchio, quando lavorano si accorgono “di guadagnare tanto quanto basta per non avere mai un centesimo in tasca”. La povertà assume caratteristiche diverse – è economica, energetica, educativa, relazionale – e rischia di diventare uno dei pochi tratti ereditari della nostra esistenza, segnando il destino di una generazione dopo l’altra, irrigidendo le disuguaglianze e moltiplicando i rischi di fragilità psicologiche oltre che materiali. I contesti da questo punto di vista contano e, anche se Trento non è una megalopoli dal tessuto urbano in espansione, è bene ricordarsi che è nei luoghi più lontani e nascosti ai nostri occhi che i rischi di frammentazione sociale aumentano ed è lì che maggiore e più costante e più puntuale deve essere l’investimento in cura, coesione, coinvolgimento.