Posts Tagged ‘bene comune’
bene comune, città, comunità, conflitto, cultura, futuro, immigrazione, politica, reddito
In Libri con le orecchie..., Ponti di vista on giugno 19, 2016 at 10:24 PM

Torna l’abituale minestrone di articoli usciti nelle ultime settimane che hanno attratto la mia curiosità. I temi sono quelli, perché in fin dei conti alcune sono (numericamente limitate…) le questioni che pongono realmente sotto stress la contemporaneità, influenzando fortemente le traiettorie del futuro…
Insieme agli Appunti di lettura unisco in questa comunicazione anche un’altra rubrica di questo blog che da un po’ di tempo trascuro, Libri con le orecchie.
Città
Luca De Biase | Le città sono le nuove nazioni, dice Simon Hanson
Dentro un’Europa in crisi – di vocazione e di istituzioni – si fanno avanti nuovi protagonisti sulla scena politica continentale (e di conseguenza globale). Città – medio/piccole come quelle metropolitane – possono essere luogo di sperimentazione e, se in rete, attori di una trasformazione in chiave diffusa della governance.
Giuseppe Caccia | Mettere in rete le “città del cambiamento” in Europa | euroalter.com
La proposta politica di una nuova alleanza tra contesti urbani per praticare il cambiamento e gli strumenti per realizzarlo. Ipotesi affascinante che si inserisce nella parallela situazione di difficoltà dell’istituzione europea (la scala minima dentro la quale si possono immaginare processi politici e sociali significativi) e nella fase di riemersione di spinte centraliste e nazionaliste. Da leggere anche il libro/inchiesta di Steven Forti e Giacomo Russo Spena “La città in comune” (ed. Alegre).
Marta Bausells | Superblocks to the rescue: Barcelona’s plan to give streets back to residents | The Guardian
“Vogliamo che questi spazi pubblici siano aree in cui si può esercitare tutti i diritti dei cittadini: lo scambio, l’espressione e la partecipazione, la cultura e la conoscenza, il diritto al tempo libero”. Sempre Barcellona – della nuova Sindaca Ada Colau – per un progetto innovativo di rigenerazione (urbanistica e sociale).
Ilda Curti | Territorio e beni comuni. Pianificazione territoriale e polvere delle strade.
“Perché non sta alla technè risolvere il dilemma, bensì al logos, al discorso ed alla narrazione politica di cui, poi, la technè è figlia ed espressione. La civitas della città contemporanea non entra nella forma dell’urbs, nei suoi spazi codificati e pianificati. Al contrario trasborda, irrompe, si impossessa dei luoghi e li trasforma a prescindere.” In queste parole di Ilda Curti – ex assessora al Comune di Torino, non ricandidata – leggo il tratto di costruzione di processi virtuosi dentro la complessità delle città contemporanee. Leggi il seguito di questo post »
bene comune, città, conflitto, convivenza, cultura, europa, globalizzazione, margini, storie, trento
In Ponti di vista on giugno 12, 2016 at 11:25 PM

Questa la traccia della conversazione di lunedì 13 giugno 2016 con alcuni dei redattori della rivista Pandora (www.rivistapandora.it). La scelta di organizzare questo appuntamento nasce dalla voglia di conoscere un’esperienza interessante che si muove tra formazione, cultura e inchiesta politica. Il tema di questo numero – le città – non può che pretendere una discussione a più livelli che come associazione territoriali#europei non poteva che incuriosirci ed entrare nella nostra agenda di appuntamenti.
Ha un valore simbolico immaginare questa iniziativa al Cafè de la Paix. Nato come esperienza di ri-qualificazione (fa specie dirlo in una città come Trento e del suo centro storico) di una zona “degradata” si trova da diverso tempo in una condizione di grave difficoltà nel vedersi riconosciuto il ruolo di animatore della comunità che lo circonda, che anzi – almeno in una sua parte – ne percepisce solo i fattori di disagio. Dentro questa storia ci sono già, seppur in forme minute, due delle tre questioni che ci piacerebbe porre all’interno di questa presentazione e che sono proprio i tre temi che sottendono agli altrettanti capitoli della rivista che presentiamo. Ci torneremo tra poco.
Ci interessa però provare prima di concentrarsi sul contenuto di soffermarci sul contenitore. Nell’epoca della rete, del ritorno delle newsletter e della comunicazione politica che si produce con tweet, stati di Facebook, scatti su Instagram o gruppi di Whatts Up voi avete scelto la carta, anche se non in termini esclusivi. Anche territoriali#europei guarda alla forma delle rivista per il proprio futuro. Ci spiegate il perché della vostra scelta, chi sta nella redazione e quali obiettivi vi siete dati al momento della vostra nascita?
Eccoci alle città. Cominciamo.
*Cos’è la città? In che direzione si sta muovendo? (riferimento al Festival dell’Economia “Luoghi della crescita”)
Di Giuseppe De Rita riporto un ricordo e una previsione.
– Ricordo. L’Italia non nasce – come altri paesi in Europa – attorno allo sviluppo di alcune grandissime città ma dalla crescita diffusa di piccoli comuni che hanno saputo valorizzare il ruolo dei territori.
– Previsione. Il futuro – caratterizzato da una serie di questioni concatenate – avrà più possibilità di essere gestito in piccole realtà territoriali, con strutture leggere.
– Un terzo aspetto (nell’intervista che avete realizzato con lui) è collegato alla composizione della città. Le parole d’ordine sembrano essere globalizzazione, e sue conseguenze, cetomedizzazione (e suoi limiti) e crisi dei corpi intermedi dentro lo spazio urbano, protagonisti incapaci di selezionare classe dirigente. Leggi il seguito di questo post »
antipolitica, Battiston, bene comune, futuro, imprenditorialità, leadership, populismo, povertà, premio Nobel, Renzi, Saskia Sassen
In Occhi sul mondo, Ponti di vista on ottobre 23, 2015 at 8:27 am
Seconda uscita degli Appunti di lettura. Una parte della mia giornata, quella dedicata ad una lettura troppo spesso frettolosa, che altrimenti non lascerebbe traccia. Metto da parte alcune tracce di pensiero per la sera e poi le condivido, con chi ha voglia di leggerle e con chi ha qualche minuto da dedicare.
Antonio De Chiara | La povertà oltre la povertà | Pandora
Per conoscere meglio il nuovo Premio Nobel per l’economia Angus Deaton. Per ragionare con maggior attenzione sui temi della diseguaglianza e della povertà.
Giuliano Battiston | L’economia globale sta degenerando | L’Espresso
Saskia Sassen ci parla di espulsioni e lo fa lanciando un allarme preciso: “La crescita economica, misurata secondo i criteri convenzionali, è il veleno della nostra epoca. C’è bisogno
di economie che rispondano a logiche distributive:
più coinvolgono le persone
e le realtà territoriali e locali, più le economie ne beneficiano e producono benefici.
Oggi avviene il contrario.”
Carlo Galli | L’avventurismo del senso comune | il Manifesto
Carlo Galli è da sempre osservatore attento dei contesti politici, italiani e non. Recensendo il libro di Michele Prospero (Il nuovismo realizzato. L’antipolitica dalla Bolognina alla Leopolda, Roma, Bordeaux, 2015, pp. 418, euro 26) si concentra su termini che fanno parte del nostro vocabolario comune, ma che spesso usiamo superficialmente. Populismo, antipolitica, fine dei partiti. Ci offre un punto di vista articolato, che non elude le contraddizioni del tempo che stiamo vivendo.
“L’occasionalismo produce un ordine, quindi; l’avventura personale costruisce forma politica, la chiacchiera è largamente performativa; l’immediatezza è anche mediazione. Leggi il seguito di questo post »
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balcani, bene comune, cittadinanza, europa, futuro, migrazioni, politica, profughi, ungheria
In Ponti di vista on settembre 17, 2015 at 8:55 PM
Non mi appassiona la dietrologia e quindi non mi accodo al vociare di chi dopo la scelta Angela Merkel di aprire all’accoglienza dei profughi (solo siriani, in numeri ancora incerti) l’ha accusata di opportunismo e di voler sfruttare economicamente la componente migrante ritenuta più istruita e impiegabile. La sua è stata una proposta parziale e insufficiente, ma significativa – almeno dal punto di vista simbolico – nell’economia di un fenomeno che necessita di risposte articolate e di sguardi lunghi. Ciò che davvero spaventa è il proseguire nella gestione emergenziale di questioni che dell’emergenza non hanno più le caratteristiche. Guardo con apprensione e sgomento alle immagini che arrivano dal confine serbo-ungherese, cercando di non slegarle mai dallo scenario globale impazzito che oggi precipita in quei territori il suo frutto più avvelenato. Seguo con preoccupazione l’evolversi della situazione, dentro la quale vedo due criticità principali.
La prima è collegata proprio al rapporto ormai patologico che abbiamo con il termine emergenza. Non più temporaneo, ma quotidiano. Non più eccezione, ma regola. Questo fraintendimento – non nasce certo in questi giorni sulla rotta balcanica – regge nella sua fragilità fino a quando la pressione della sommatoria delle emergenze (temporalmente sovrapposte o tra loro concatenate, territorialmente diffuse, socialmente mal sopportate) non diventa insostenibile e tracima, producendo eventi nei confronti dei quali gli strumenti messi in campo sono del tutto inefficaci o, peggio, dannosi. Qualcuno dirà che il caos è la migliore condizione possibile, tanto da mettere in crisi addirittura la stabilità delle istituzioni per come le abbiamo conosciute. Non la penso così e confusione e immobilismo politico che regnano in Europa sono premesse che non promettono niente di buono.
La seconda criticità è invece data dal nostro modo ipocrita di categorizzare i protagonisti delle migrazioni e i loro destini. Verso i profughi solidarietà e apertura (tutta da verificare, oltre gli abbozzati buoni propositi), verso i migranti economici tolleranza zero e controlli irrobustiti (limitando Schengen, aggiungendo forze di polizia, creando hotspot territoriali per la divisione all’arrivo, ripristinando i rimpatri). Sta tutta qui l’incapacità di prendere dal verso giusto la questione delle migrazioni, nella dimensione di esodo che oggi conosciamo. Leggi il seguito di questo post »
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Autonomia, bene comune, cittadinanza, economia, europa, futuro, Germania, immigrazione, Merkel, politica, siria
In Occhi sul mondo, Ponti di vista on settembre 6, 2015 at 12:20 am
Non mi va di passare per cinico perché non condivido convintamente la foto del piccolo Aylan Kurdi, morto a tre anni naufragando sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. Non riesco ad appassionarmi alla discussione sulla correttezza (deontologica, politica, ecc.) della scelta di pubblicare quell’immagine sulle prime pagine dei quotidiani e non mi sogno nemmeno di giudicare chi ha deciso di contribuire a rendere virale online postandola sulle proprie bacheche Facebook e Twitter. Indignarsi è legittimo, addirittura vitale laddove significa non accettare il fluire, spesso tragico, degli eventi che ci circondano.
Mi chiedo però se valga questo semplice metro di giudizio. Se solo una persona in più dopo la tragica fine di Aylan – e la sua trasmissione a media unificati – si dirà sensibilizzata allora aver affondato quel pugno comunicativo sarà giustificato? Non sono del tutto convinto di questa interpretazione, o meglio la trovo gravemente insufficiente. Se solo gli scatti che hanno fermato su pellicola le immani tragedie del Novecento avessero davvero agito in questa maniera (da catalizzatori di attenzione e riflessione, da pungoli accuminati per coscienze dormienti, da monito di fronte al ripetersi ciclico della storia) oggi probabilmente non ci troveremo nella condizione di aver iniziato un nuovo “secolo degli assassini” subito dopo esserci detti che quello precedente sarebbe stato l’ultimo, irripetibile. Altro che “restiamo umani”… Quest’incapacità conclamata di imparare dal passato ci dice che si è ampliata a dismisura la platea dei (dis)umani o forse – è questa l’ipotesi che io sostengo – abbiamo sottovalutato la violenza potenziale che pulsa dentro ognuno di noi, che ci definiamo orgogliosamente umani, o più semplicemente buoni. Leggi il seguito di questo post »
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bene comune, cittadinanza, città, codici urbani, condivisioni, partecipazione, sharing economy, trento
In Ponti di vista on agosto 23, 2015 at 10:00 PM
Milano, 1 maggio 2015. Durante un corteo contro l’inaugurazione di Expo gruppi di manifestanti danno alle fiamme alcune auto, distruggono vetrine e con bombolette spray tracciano scritte sui palazzi del centro città. Il giorno dopo migliaia di milanesi scendono in piazza – Sindaco Pisapia in testa – uniti dietro lo slogan “non toccate Milano”. Nelle stesse settimane è virale un video che ritrae un gruppo di cittadini, armati di tuta bianca e pennello, intenti a trasformare in tinta unita i variopinti colori di un murales nell’hinterland milanese. Peccato l’opera fosse stata realizzata – proprio per riqualificare il parco urbano – da un noto artista, addirittura con il benestare dell’amministrazione e dei residenti della zona. Corto circuito, totale.
Il tema della partecipazione e della presa in carico da parte dei cittadini di quelli che vengono catalogati come “beni comuni” è oggi al centro di una positiva e crescente attenzione. Grazie certamente a chi ha investito tempo e energie nello studio del fenomeno (primo tra tutti in Italia il professor Gregorio Arena, con il fruttuoso lavoro di Labsus), a chi “su strada” ha sperimentato – non senza ostacoli e frustrazione – la riappropriazione del concetto di sussidiarietà nel suo significato più autentico e vitale. Non vanno sottovalutati poi l’incidenza delle nuove tecnologie (la diffusione capillare dei social network, lo sviluppo di piattaforme ad hoc, l’utilizzo crescente degli open data e di servizi di geolocalizzazioni sempre più precisi, ecc.) e della spending review, che impone alle amministrazioni locali una gestione diversa delle risorse, facendole guardare con interesse all’intervento volontario e gratuito delle comunità nella cura del patrimonio pubblico, oggi a rischio degrado. Eppure non è tutto qui.
Deve essere chiaro che non va alimentata l’apologia del “fare” fine a se stesso, facendo riferimento a una sorta di operosità 2.0 che dovrebbe emergere – salvifica – dai quartieri. Certo c’è l’aiuola da ripulire e la staccionata da aggiustare, ma non solo. C’è un rinnovato modo di intendere l’utilizzo dello spazio pubblico. Leggi il seguito di questo post »
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Autonomia, bene comune, Centro Sinistra, crisi, Donata Borgonovo Re, Luca Zeni, pd, politica, trentino
In Ponti di vista, Supposte morali on luglio 26, 2015 at 9:54 PM
Aggiungere qualcosa sull’affair Borgonovo Re è difficile e forse inutile. Si è detto molto sulla volontà di chiudere alcuni punti nascita periferici, ipotesi sulla quale dopo la venuta al mondo della mia seconda figlia (con parto in casa) non ho un’opinione completamente definita. Non sono mancate le prese di posizione sul metodo di lavoro (mi sembra di capire poco collegiale e viziato da qualche limite di dialogo/ascolto) dell’Assessora in questione. Visti gli schizofrenici ultimi due giorni vissuti dalla maggioranza di centro-sinistra, la lista di chi può offrire lezioni di stile sembra scarsamente presidiata. Chi la accusa. Chi la difende. Chi la usa. Chi già la rimpiange. Chi la giudica. Chi ne ha chiesto la sostituzione e chi non ha aspettato un secondo per prenderne il posto. Ognuno interpreta il proprio ruolo, sempre e comunque fortemente autoreferenziale e quasi mai intellettualmente onesto. Si sbaglia chi riduce tutto ad una trappola tesa ad un’Assessora scomoda e non troppo avvezza alla comunicazione 2.0. Siamo di fronte a una crisi di sistema, e come tale faremmo bene ad affrontarla. L’unica certezza, da qualunque lato si guardi la faccenda, è che in Trentino regna la confusione più totale e la politica scivola inesorabilmente su di un piano inclinato apparentemente senza fine. Un coacervo di personalismi sfrenati e assenza di senso del bene comune. Una costante navigazione a vista in un mare dalle acque perennemente agitate..
In politica – è bene ricordarlo – non sono le scelte dolorose e impopolari a dover spaventare. Quindi neppure quella che imponga il sacrificio di un’Assessora da 10.000 preferenze singole abbondanti se questa avviene in nome di un miglior equilibrio e di una rafforzata capacità di coesione all’interno dell’azione di governo. Nulla di tutto ciò si prospetta però all’orizzonte e quindi è del tutto normale che i commenti più ricorrenti che provengono dai cittadini (oltre che alcuni dall’interno dei partiti e delle istituzioni) siano apertamente critici rispetto alla decisione presa. Leggi il seguito di questo post »
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Autonomia, bene comune, comunità, Comunità di Valle, fusioni, politica, richiedenti asilo, Roberto Maroni
In Ponti di vista, Supposte morali on giugno 9, 2015 at 3:44 PM
Una premessa obbligata. Non condivido l’incondizionato giubilo di fronte alle fusioni dei comuni trentini. Ne prendo atto, essendo figlie – laddove riescono – di una scelta dei cittadini, che con il loro voto le legittimano. Non mi convinceva (lo scrissi qui) neppure la volontà di abolire di fatto le Comunità di Valle, vanificando quella che poteva essere – se interpretata in maniera intelligente e partecipata – una piena riforma della governance provinciale. Così non è stato, ma è evidente che il problema del rapporto centro/periferia non è oggi risolto, e come tale si riproporrà.
Antefatto. Ascoltavo ieri in macchina le parole di Roberto Maroni, governatore leghista della Lombardia. Di fronte alla richiesta agli enti locali di farsi carico dell’accoglienza di un numero crescente di richiedenti asilo, il governatore ha minacciato il blocco degli stanziamenti che la Regione garantisce ai Comuni se qualcuno di questi decidesse di garantire ospitalità a gruppi di profughi. Al netto della legittimità di tale operazione siamo di fronte a un ricatto nei confronti sia dello Stato che dei Comuni, messi nelle condizioni di dover scegliere tra solidarietà e garanzia delle risorse per l’ordinaria amministrazione. Mi auguro che in molti abbiano il coraggio di praticare intelligenti forme di disobbedienza civile, ma non è questo il punto che voglio toccare. Nelle parole di Maroni ritrovo l’esempio più calzante di come si può distorcere il rapporto tra livelli della governance nel momento in cui uno di questi è estremamente più forte degli altri, accentrando su di sè tutte le leve decisionali per il governo di un territorio. Non solo. Leggi il seguito di questo post »
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Assillo, bene comune, città, riqualificazione urbana, trento
In Ponti di vista on Maggio 15, 2015 at 10:50 PM
Le coincidenze non esistono. Il vecchio asilo di S.Martino (ribattezzato Assillo) è stato sgomberato. Era un’occupazione che non sentivo particolarmente affine, per differente sensibilità politica, culturale e umana. Credo che tutti – compresi gli occupanti – avessero chiara l’impossibilità di una mediazione (do you remember “l’abolizione del denaro”) e molti si aspettassero la fine di questa esperienza una volta scollinata la scadenza elettorale del 10 maggio. Di giorni dalla conferma del Sindaco Andretta ne sono passati solo un paio, con nel mezzo il titolo di un quotidiano locale dai toni tambureggianti: “Andreatta preme sull’acceleratore”. Varrebbe da chiedersi se sia stata verificata la rotta prima di imboccarla a tutta velocità. Ma attenzione ai particolari, che in questo caso fanno la differenza. Da parte del Questore è arrivata, immediata, la precisazione che la scelta di agire nei confronti dell’Assillo è da ritenersi esclusivamente tecnica e non ascrivibile ad una decisione politica. La Politica abdica quindi di fronte alle esigenze “gestionali” delle Forze dell’Ordine? Mah.
Durante la campagna elettorale appena conclusa ho avuto la sensazione che la Politica fosse la vera assente. Mi spiego. “Meno parole, più fatti” è lo slogan che – con varie declinazioni – meglio rappresenta gli ultimi due mesi del “dibattito” interno alla città di Trento. Era il messaggio forte del candidato Cia (niente sogni, mi raccomando…), dei suoi alleati della Lega Nord (quelli del pugno duro, nei confronti di tutto…) ma a ben vedere lo si poteva rintracciare dentro quasi tutti i programmi delle varie liste in corsa. Lo trovo assurdo e pericoloso. Bisognerebbe avere il coraggio di ribaltarlo, rivendicando il primato del pensiero, del ragionamento, dell’approfondimento. Leggi il seguito di questo post »
Alex Langer, bene comune, conflitto, europa, italia, limite, ponti, trento
In Ponti di vista on febbraio 21, 2015 at 7:22 am
Ho letto in questi giorni le notizie riguardo la prossima conclusione del percorso della Fondazione Alexander Langer. Ne approfitto per proporre alcune riflessioni. Alla Fondazione, e alle persone che la animano, mi lega un rapporto di amicizia profonda e un episodio che ha segnato la mia vita. Proprio a Srebrenica, durante un viaggio – all’ombra incrociata di un minareto e del campanile della chiesa ortodossa della città – ho incontrato e conosciuto Beatrice. Da quel giorno non ci siamo più separati e attendiamo oggi la nascita della nostra seconda figlia, anche lei – come sua sorella Petra – in buona parte conseguenza (felice) di quelle nostre divagazioni balcaniche al seguito degli amici di Adopt Srebrenica. E’ partendo da questa base di affetto che analizzo la decisione di interrompere, nel ventennale della scomparsa di Langer, le attività della Fondazione per privilegiare i progetti specifici legati alla costante presenza nei territori di Srebrenica e Tuzla. Esperienze di grande valore, non solo nel campo della cooperazione internazionale ma anche e soprattutto per la capacità (politica e culturale) di costruire ponti e di preservarne – giorno per giorno – l’agibilità. Un lavoro complesso e faticoso – in Bosnia così come in Alto Adige – che è la prosecuzione ideale del pensiero e della pratica langeriana. Ed è proprio attorno alla figura di Alexander Langer che credo si debba concentrare la nostra attenzione, molto più che sulla “proprietà” – privata o pubblica – dell’archivio a lui dedicato.
Il lascito di Langer dal punto di vista dell’elaborazione politica è cospicuo e variegato come pochi altri e stupisce accorgersi che pochi ne abbiano raccolto davvero l’insegnamento, riuscendo a farsi interpreti della sua ultima richiesta: “continuate in ciò che era giusto”. Leggi il seguito di questo post »
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