Chi è Michel Houellebecq? Un provocatore? Un mitomane? Un impostore? Un approfittatore? O forse è un profeta? In verità l’autore di Sottomissione (Bompiani, 2015 – 17,50 €) – libro che tanto sta facendo discutere – andrebbe preso un po’ meno sul serio per poterne valutare davvero l’importanza, il valore letterario. Sgomberiamo allora il campo dalle visioni (strumentalmente) estremizzate che la sua ultima opera genera.
Non si tratta di un testo venato di islamofobia, come qualcuno – immagino senza neppure averlo letto – vorrebbe far credere. Non siamo nemmeno di fronte, come si affrettano a sentenziare altri, ad un manifesto inneggiante alla religione islamica. Nelle pagine di Houellebecq si cercano – per curiosità morbosa o per opportunità politica – conferme alle proprie superficiali convinzioni. Lo scontro di civiltà, il destino segnato dell’Occidente, la superiorità della fede musulmana. Ognuno prova a piegare il tagliente stile narrativo di Houellebecq al proprio bisogno, perdendo di vista un particolare rilevante. Siamo di fronte ad un romanzo, e in quanto tale (sembra assurdo doverlo sottolineare) andrebbe letto.
Un romanzo potente e ruvido, nel quale Houellebecq rivendica il suo diritto al racconto senza limiti di forma e contenuto, all’osservazione disincantata dei cambiamenti sociali e politici, al rifiuto del giudizio in favore della “sola” descrizione – attenta, sottile, cruda – dei fatti, dei sentimenti, delle scelte. Leggi il seguito di questo post »