Esattamente venti anni fa, a Seattle, fa la sua comparsa il movimento no-global. Nasce per segnalare i rischi della globalizzazione che – a quel tempo – contava sostenitori entusiasti e acritici tanto a destra quanto a sinistra. Ecologia e migrazioni. Giustizia sociale e femminismo. Lotta alla finanziarizzazione predatoria dell’economia e richiesta di ri-democratizzare la Democrazia. Le questioni in campo non sono cambiate. Allora erano una profezia. Oggi possiedono l’urgenza dell’ultima spiaggia.
A quella prima onda seguirono il luglio feroce (di desiderio e repressione) di Genova e il corto circuito dell’11 settembre, generatore dell’etichetta menzoniera dello scontro di civiltà. Da lì ci si è mossi scompostamente conoscendo le conseguenze della crisi globale del 2008, ancora qui a testimoniarci la sua non transitorietà.
Quella appena conclusa è la necessaria premessa per arrivare al tempo presente e abbozzare un commento alle recenti mobilitazioni di piazza, italiane e non. Si protesta a Hong Kong, in Iran, Iraq e Libano, in vari paesi del Sud America. Si scende ancora in piazza anche in Occidente. In Catalogna per l’autonomia dallo Stato spagnolo. In Gran Bretagna contro la Brexit. In Francia con l’emersione dei Gillet Jaunes. Le manifestazioni dei Fridays for Future sono da qualche mese una costante così come quelle a sostegno dei diritti delle donne, attraverso l’organizzazione di scioperi e cortei. Leggi il seguito di questo post »