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Posts Tagged ‘pace’

Libri con le orecchie… /5.

In Libri con le orecchie... on gennaio 19, 2015 at 10:38 PM

sottomissioneChi è Michel Houellebecq? Un provocatore? Un mitomane? Un impostore? Un approfittatore? O forse è un profeta? In verità l’autore di Sottomissione (Bompiani, 2015 – 17,50 €) – libro che tanto sta facendo discutere – andrebbe preso un po’ meno sul serio per poterne valutare davvero l’importanza, il valore letterario. Sgomberiamo allora il campo dalle visioni (strumentalmente) estremizzate che la sua ultima opera genera.

Non si tratta di un testo venato di islamofobia, come qualcuno – immagino senza neppure averlo letto – vorrebbe far credere. Non siamo nemmeno di fronte, come si affrettano a sentenziare altri, ad un manifesto inneggiante alla religione islamica. Nelle pagine di Houellebecq si cercano – per curiosità morbosa o per opportunità politica – conferme alle proprie superficiali convinzioni. Lo scontro di civiltà, il destino segnato dell’Occidente, la superiorità della fede musulmana. Ognuno prova a piegare il tagliente stile narrativo di Houellebecq al proprio bisogno, perdendo di vista un particolare rilevante. Siamo di fronte ad un romanzo, e in quanto tale (sembra assurdo doverlo sottolineare) andrebbe letto.

Un romanzo potente e ruvido, nel quale Houellebecq rivendica il suo diritto al racconto senza limiti di forma e contenuto, all’osservazione disincantata dei cambiamenti sociali e politici, al rifiuto del giudizio in favore della “sola” descrizione – attenta, sottile, cruda – dei fatti, dei sentimenti, delle scelte. Leggi il seguito di questo post »

Guerra e pace

In Ponti di vista on settembre 7, 2014 at 3:59 PM

dawnCaro Beppe, Caro Gino
lo scontro tra l’afflato ideale del pacifismo e il richiamo alla realpolitik non è certo un argomento nuovo e di certo – a meno di stravolgimenti culturali ad oggi imprevedibili – non sarà l’ultima volta che le ottime ragioni dell’opporsi alla guerra si troveranno di fronte le altrettanto importanti (almeno nelle argomentazioni di chi perora questa causa) di chi sostiene la necessità di un intervento armato per porre fine alle barbarie che si verificano in questa o quella parte del pianeta. Non siamo di fronte ad una scelta semplice, e lo dimostrano i dubbi che in passato hanno colpito anche coscienze critiche (e cuori sensibili) come Alexander Langer quando bisognava decidere il da farsi rispetto alla guerra che insanguinava i Balcani, nel cuore dell’Europa. Questo tema porta con se molteplici contraddizioni; soprattutto quando il contesto nel quale ci si muove, gravato da una complessità esponenzialmente crescente, non garantisce che una scelta – in una o nell’altra direzione – possa rivelarsi senza conseguenze.

Ma siamo davvero certi che il cuore della discussione stia nella distinzione tra il “fare” e il “non fare”? Crediamo davvero che sia sufficiente questa divisione netta tra opposti per approciare un argomento tanto delicato? Non credete sia possibile – anzi, auspicabile – trovare uno spazio di discussione, e parallelamente di azione politica, che vada oltre questa stanca dicotomia?
Non per trovare un punto d’incontro a metà strada, una scappatoia sulla falsariga degli equilibrismi linguistici associati all’epoca delle guerre umanitarie, ma per descrivere un orizzonte altro. Leggi il seguito di questo post »

Negli occhi di un bambino…

In Ponti di vista on settembre 3, 2013 at 7:24 PM
tumblr_lcnvf7vtZ31qdn78io1_500_2A volte il bambino di undici anni che c’è in me prende il sopravvento. Leggo che Barack Obama ha incontrato oggi i leader del Congresso ed è fiducioso che votino favorevolmente la sua ipotesi di attacco militare alla Siria. Un avvertimento, ma non solo. A undici anni, è normale, si ha un’idea del mondo fortemente semplificata. E allora io mi immagino il Presidente degli Stati Uniti – insieme ad altre persone di buona volontà – che arrivano fino al confine con la Siria, dopo aver camminato attraversato il Medio Oriente e attorno al Mediterraneo. Chiedono che cessino i combattimenti e si ridia spazio alla parole, alla discussione, al confronto. Lo fanno davanti a tutto il mondo e rivolgendosi a tutto il mondo. Immagino che le soluzioni si trovino in questa maniera piuttosto che attraverso le bombe sganciate da qualche aereo supersonico o sommergibile nucleare. Ovviamente a undici anni non si tiene conto degli interessi economici, dei veti incrociati, delle alleanze strategiche, dei nemici da annientare, delle ideologie. A undici anni non si capiscono molte cose di ciò sta attorno, tutto sembra sterminato. Ma forse si ha più chiaro cosa è certamente sbagliato. Poi si cresce velocemente…

f.

What’s your dream, Barack?

In Ponti di vista on agosto 29, 2013 at 10:24 PM

abomb-6Due leader neri. Due modi diversi di rappresentare l’America. Tra loro mezzo secolo lunghissimo. La fine del ‘900 delle guerre mondiali, della guerra fredda, delle grandi ideologie e delle personalità da ricordare. L’inizio del nuovo millennio che fatichiamo a sentire nostro. Frenetico, contraddittorio, non meno sanguinoso e guerreggiato. Nuovi equilibri mondiali, maggiori incertezze, la crisi economica dell’occidente. Un glorioso passato alle spalle, un incerto futuro di fronte.
Martin Luther King nel suo celebre discorso di Washington regalava alla storia una frase fortemente evocativa: “I have a dream”. Barack Hussein Obama – eletto per due volte alla presidenza degli Stati Uniti d’America – ne sembrava la rappresentazione più autentica, la classica chiusura del cerchio. Il realizzarsi del sogno americano. Sono passati cinquant’anni.

Due premi Nobel per la Pace. Molto diversi tra loro. Quello a King figlio della battaglia per i diritti civili condotta in prima persona, fino all’assassinio del 1968. Quello ad Obama prodotto di un immaginario tutto da verificare. In quel premio – ricevuto poco dopo il primo insediamento – c’era l’auspicio di un cambio di prospettiva. Dal neo-imperialismo americano ad un modo più orizzontale e dialogico di intendere le relazioni internazionali. Dall’interventismo unilaterale dei suoi predecessori ad un uso diverso (e limitato) dell’opzione militare nella risoluzione dei conflitti. Era un riconoscimento che oltre al suo valore simbolico doveva trovare legittimazione soprattutto nelle scelte di politica estera. Afghanistan, Iraq, Israele e Palestina, Iran. Leggi il seguito di questo post »

I limiti della pace

In Ponti di vista on ottobre 20, 2012 at 2:55 PM

Una breve e.mail indirizzata al Forum Trentino per la Pace e i diritti umani. Un’iniziativa in programma da mesi annullata per assenza di partecipanti. Questi i due motivi che ci portano a scrivere queste righe. L’e.mail è la seguente: “Esiste davvero un forum per la pace? Non me ne sono accorto. Sta per scoppiare una guerra ignobile contro l’Iran e voi che fate? E’ per questo che acquistiamo i superbombardieri? E’ per questo che si succhia il sangue ai poveri? Per pagare le spese di guerra? Se ci siete, fatevi sentire. Grazie, Angelo”. L’appuntamento cancellato invece è la Camminata per la Pace, evento organizzato dal Consorzio dei Comuni che doveva svolgersi sabato 22 settembre scorso e che aveva visto la presenza confermata di soli 5 (cinque!!!) amministratori locali. Naturale decidere di non ritrovarsi nemmeno per iniziare il percorso. Ci è sembrato necessario – partendo da questi due spunti, ma non solo – provare a riflettere su cosa significhi oggi lavorare per la cultura della pace.

Facciamo abbastanza? Probabilmente no, la risposta è semplice e allo stesso tempo dolorosa. La pace, nelle sue molteplici sfumature, non sembra essere ai primi posti dell’agenda politica.  La cultura della pace e la sua promozione – non la sua retorica e superficiale rappresentazione – faticano a trovare spazio nel dibattito quotidiano venendo relegate ad argomento collaterale, ad uso e consumo di “pacifisti” guardati spesso con distacco o peggio, con ironia. In questo contesto tutt’altro che favorevole da un paio di anni il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani – un’istituzione con una storia ventennale alle spalle -, prova a ridare al vocabolario della pace e alle sue pratiche un significato condiviso, fuori dalle secche dell’ideologia e della ritualità.
“Euromediterranea”,  un percorso dentro le contraddizioni e le novità della Primavera Araba e del bacino mediterraneo, e “Nel limite. La misura del futuro.”, una rassegna di appuntamenti sui temi della sostenibilità e delle prospettive del pianeta, sono due esperienze importanti di approfondimento, di studio e di divulgazione che tentano di coinvolgere la cittadinanza tutta chiedendo non solo di partecipare, ma di ragionare e indagare la complessità. Leggi il seguito di questo post »

F35, TAV e la necessità di un cambio di passo

In Ponti di vista on febbraio 29, 2012 at 7:11 am

GIOCHI DI GUERRA. Da bambino giocavo spesso con i soldatini di plastica. Li conservavo dentro un vecchio scatolone di Dixan. C’erano i verdi (immagino americani), in gran numero, e i neri (senza dubbio tedeschi) in pochissime unità. La storia si fa anche sugli scaffali dei negozi di giocattoli. Per ogni gruppetto di militari erano previsti mezzi adatti ad ogni missione: jeep, mezzi anfibi, carri armati e anche dei luccicanti aerei da combattimenti. Gli obsoleti F16 del Tom Cruise di Top Gun. Erano gli anni della prima guerra del Golfo, avevo sette anni, e non possedevo una coscienza politica a cui appellarmi. Le mie truppe venivano schierate nel giardino di casa e si fronteggiavano su un terreno senza confini, senza una geografia precisa, senza obbiettivi strategici da conquistare. La battaglia si ripeteva ogni pomeriggio senza apparenti perdite nei due schieramenti e senza coinvolgimento di civili, totalmente assenti dalla scena. Una guerra pulita e irreale, che non prendeva in considerazione le conseguenze distruttive dell’azione degli eserciti e delle loro armi. Era un gioco che mi piaceva molto e riempiva le mie giornate estive insieme al pallone.

LA VIOLENZA DENTRO DI NOI. In molti hanno scritto dell’inconfessabile amore per la guerra (la bibliografia è sconfinata), ma più in generale potremmo parlare di una attrazione costante per l’uso della forza. Ogni momento delle nostre esistenze è segnato da un’altissima concentrazione di violenza (sia fisica che verbale) che in qualche maniera – ognuno a proprio vantaggio – proviamo a declinare come legittima e giustificata. Uno Stato può attaccarne un altro per la propria sicurezza nazionale oppure perchè ne ritiene illegittima l’esistenza (è il caso di Israele e Iran), un dittatore può decidere di sterminare uomini, donne e bambini in nome della difesa del proprio potere (la Siria e prima la Libia), un capo di stato può iniziare un conflitto – e la sua barbarie – per tutelare un interesse o addirittura per una pregiudiziale etnica. Leggi il seguito di questo post »