Un mattino di primavera. Il sole che taglia in due la stanza. Un tappeto sbattuto che rilascia un pulviscolo infinitesimale. Correnti invisibili che ne determinano andamenti confusi. Un movimento caotico di particelle.
Questo è lo stato dell’arte del mondo che ci circonda. Il tappeto è la società così come la conoscevamo, scossa da una serie di crisi che ne minano le certezze, mescolano le caratteristiche fondanti, disarticolano la composizione. La polvere siamo noi, cittadini/elettori spaesati. Le spinte che frullano questa realtà a grana sottilissima sono i fattori che generano l’entropia contenuta in quel limbo che Antonio Gramsci poneva tra ciò che non è più e ciò che non è ancora. Disintermediazione e comunicazione iper-accellerata. Frammentazione delle relazioni e apparente impossibilità di dare forma a ipotesi credibili per futuri desiderabili.
Le dinamiche sociali e politiche degli ultimi anni ci dicono che a questa volatilità è corrisposta una generale incapacità delle forze politiche di aiutarne il deposito, preferendo farsi esse stesse correnti che trasportano il pulviscolo tentando di intercettarne volta per volta – per il consenso qui e ora – l’ultimo svolazzo. Un atteggiamento dal respiro corto.
Non è tempo di mappe rigide dice Joi Ito, direttore dell’MIT di Boston. Meglio dotarsi di una buona bussola e mettersi in cammino. Per farlo serve però ridarsi il Nord, dentro il rarefarsi delle ideologie e a valle della presunta dissoluzione della dicotomia tra destra e sinistra. Leggi il seguito di questo post »