CONTRO E PER. In un interessante articolo – uscito il 30 settembre su Repubblica – dal titolo La democrazia della sfiducia, Ivan Kratsev descrive in maniera tranchant ma efficace la crisi delle democrazie contemporanee come fenomeno non temporaneo e non solo legato alla crisi economica e ne descrive il contraltare di un “popolo che insorge non esprimendo una concezione chiara di ciò che vuole cambiare, bensì per reclamare vendetta e punizioni” e di “ribelli che oggi non si oppongono allo status quo di ieri ma che al contrario cercano di preservarlo”. Proseguendo nella sua analisi si sofferma sul ruolo di internet – e aggiungo io di ogni strumento comunicativo dei nostri tempi – che “pur avendo dato agli individui il potere di sollevarsi contro chi governa, non ha contribuito a consolidare la natura deliberativa del processo democratico”. Cosa può aiutare allora a uscire dalle sabbie mobili della crisi economica, sociale e culturale di questi anni? Qualcosa che sappia andare oltre il rancore generalizzato e spesso cieco e una tendenza – tutt’altro che rivoluzionaria – a porsi a difesa del mondo in cui hanno vissuto i nostri genitori piuttosto che ad assumersi la responsabilità di immaginare e costruire un’altra prospettiva di futuro. Per citare Adriano Sofri – sempre in un articolo di pochi giorni fa -, che consiglia di assumere la crisi come grande occasione di cambiamento, si sente la mancanza di “una forza politica che raddrizzi la deriva indecente di ricchezza e povertà, che sappia affrontare le sfide più impegnative del passato – pensioni e demografia comprese – e del futuro e restituire alla politica – in Italia e in Europa – i suoi diritti.” Da dove cominciare?
Parto da lontano, da una riflessione che ho letto con attenzione nonostante in alcuni punti possa risultare fin troppo pessimista e critica, per arrivare ad abbozzare alcuni appunti rispetto ad un articolo scritto da Steven Forti per il sito politicaresponsabile.it sul movimento degli Indignados. Leggi il seguito di questo post »