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Dare senso e consenso alla Politica. Un ragionamento aperto.

In Ponti di vista, Uncategorized on giugno 9, 2024 at 8:04 PM

Quelli qui sotto sono appunti disordinati, messi insieme nel corso degli ultimi mesi. Lì ho trascritti in poche ore dopo che me li portavo appresso da troppo tempo rischiando che poi non trovassero forma.

Sono frutto di incontri, di attività organizzate (alcune andate bene, altre molto male), di pensieri faticosi in notti spesso dal sonno difficile. Spero contengono una piccola utilità oltre quella che possiedono per me, che ne sono l’estensore. Si tratta di uno spazio aperto all’opinione alternativa, al punto di vista non coincidente.

“Alla realtà si obbedisce, perchè la Realtà comanda. 
E’ una relazione di potere: lei è più forte di noi, da lei dipendiamo, a lei dobbiamo fedeltà. In questa relazione di subordinazione, la disubbidienza non è contemplata. Ma fai attenzione. E guardati dentro: nonostante tutto, tu sei un disubbidiente. Lo sei molte volte in una sola giornata: ogni volta che ti lamenti, ogni volta che ti senti in bisogno di cambiare la realtà in cui vivi, ogni volta che ammiri un’opera d’arte o che, con l’immaginazione, pensi a una realtà alternativa, magari migliore di quella che conosci e patisci. Questa disubbidienza è un disturbo, un’interferenza che agisce all’interno di quella Realtà dispotica a cui pieghi la testa, è una menda all’interno dell’ordito, è un imprevisto.”

Introduzione alla realtà, Edoardo Camurri / Timeo edizioni –


Premesse.
Il tempo è ora, se lo vogliamo.

1. Ammetto – senza rivendicarlo – di trovarmi spesso fuori sincro rispetto agli andamenti e ai ritmi della Politica. Essere in controtempo può essere un problema ma anche una grande opportunità, permettendo di osservare la realtà sfuggendo dagli schemi troppo rigidi (scadenze, linguaggi, forme) che spesso ci vengono proposti come senza alternative, gli unici utilizzabili. Si è sempre fatto così, perché cambiare.

[da leggere: Avere tempo, Pascal Chabot – Treccani editore]

2. Fino a quando non avverrà un cambiamento radicale in seno alle strutture democratiche per come le abbiamo conosciute fino a qui il tema della rappresentanza (attraverso le elezioni e ciò che ne consegue: i Parlamenti, i consigli comunali, i Sindaci, ecc.) rimarrà tema centrale, ineludibile.

3. Quanto espresso nel punto precedente non esclude che sia forte la preoccupazione di fronte alla fatica e all’insufficienza cronica della democrazia rappresentativa, che si può curare solo attraverso l’aggiunta di elementi ed energie diversi e molteplici che aprono a partecipazione costante e concreta, orientandosi verso sistemi integrati per la democrazia deliberativa, ossia quella che amplia la platea di cittadine e cittadini ingaggiati e parte del processo decisionale.

[da leggere: Piazze vuote, Filippo Barbera – Laterza]

4. Questa visione prospettica non impedisce di aver chiare le urgenze del momento: la sfida di Giulia Robol per diventare sindaca a Rovereto a guida della coalizione di centro sinistra che la sostiene, le elezioni europee che mai come quest’anno rappresentano un bivio fondamentale tra una migliore integrazione comunitaria o per il possibile inizio della sua dissoluzione, il bisogno di dare segni in controtendenza sul fronte nazionale (s)governato da manipoli di destra-destra.

5. Di una cosa dobbiamo essere convinti. Non possiamo permetterci di rimandare sempre a una prossima volta (che regolarmente poi non arriva mai) i nostri tentativi di rimettere in sesto lo scenario politico e il suo funzionamento. Si tratta con tutta evidenza di uno sforzo che continuiamo a posticipare, indebolendo a valle di questa nostra inerzia la tenuta stessa della Democrazia, ossia il fondamento di una desiderabile convivenza.


Sintomi.
Questa tremenda malattia che ci attanaglia.

6. Ad ogni tornata elettorale ci stupiamo – o forse, fingiamo di stupirci – dei crescenti dati dell’astensione. Se oltre il 50% degli aventi diritto al voto decide di non contribuire alla scelta dei propri rappresentanti significa che ha smesso di credere nella possibilità che la Politica possa impattare positivamente sulla propria esistenza. Se ne distacca, lasciando ad altri (in ogni caso una minoranza) il compito di esercitare il voto. Non finirà diversamente con la consultazione in corso per dar corpo al nuovo Parlamento europeo, ma una stessa dinamica è ormai costante anche nei voti di prossimità per scegliere Sindaci o Presidenti di Provincia.

[da leggere: I non rappresentati, Valentina Pazè – Gruppo Abele edizioni]

7. La Politica è prima di ogni cosa “sfida di idee”, contrapposizione di visioni del Mondo e del futuro. E’ più che corretto che opposti modi di intendere la realtà mettano in risalto – offrendole a cittadine e cittadini – le proprie proposte e si battano per farle prevalere. C’è da segnalare però che oggi quella che viene definita “polarizzazione” assume dimensioni patologiche, generando una sorta di incomunicabilità (anche in forma conflittuale, dove servisse…) tra componenti organizzate, soggettività politiche, finanche classi. 

8. E’ terribilmente difficile far dialogare le differenze e far condensare i mille pezzetti di comunità sempre più scomposti, impauriti e/o disinteressati. Causa ne è anche un rumore di fondo – troppe parole disordinate, troppa comunicazione spinta – che disturba l’ascolto e il confronto, la possibilità di pensare e di comprendere, il tempo di analizzare con cura e da lì muoversi in maniere più consapevoli. 

[da leggere: La cultura della convivenza, Gabriele Segre – Bollati Boringhieri]


Dove siamo? 
L’obbligo di occuparcene.

9. Il nostro tempo è quello della policrisi globale, e non serve che qui spenda troppe righe per descriverne le caratteristiche. Proliferare dei contesti di guerre, peggioramento degli effetti della crisi climatica, fragilità dei sistemi economici, moltiplicazione dei flussi migratori. 

[da leggere: Il grande scollamento, Marco Magnani – Bocconi University Press]

10. A livello europeo – la geografia minima cui guardare per farsi carico dei temi globali sopra elencati – il passaggio elettorale di queste ore sarà decisivo per determinare la prossima governance continentale e con tutta probabilità capire se le istituzioni comunitarie (e noi con loro) rilanceranno il proprio ruolo nelle dinamiche della politica planetaria oppure subiranno un ulteriore indebolimento, rischiando di fatto la definitiva irrilevanza.

11. Dentro i confini nazionali assistiamo all’evoluzione del governo Meloni, insediato nell’autunno 2022. La sua leadership non è molto diversa da quelle che l’hanno preceduta (comunicazione ossessiva e iperpersonalizzata) e c’è quindi da sperare – fin dal risultato europeo che conosceremo tra qualche ora – che la sua traiettoria assomigli per capacità di picco e rapidità di caduta a quelle che hanno già sperimentato Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giuseppe Conte…

12. La questione non è però riducibile alla conta elettorale – che pure abbiamo visto, pesa… – e il governo Meloni contiene una doppia pericolosità. Da un lato è una compagine di governo scarsa. Molti sono gli errori commessi fin qui, pochissime le proposte che tracciano davvero politiche adeguate al tempo che viviamo: sanità, casa, lavoro, ecc.. Dall’altra il retroterra fascista e violento cui fa riferimento emerge nella gestione dei fenomeni migratori – la storia dei centri di detenzione in Albania è in questo paradigmatica – e di ogni tema dell’agenda sociale che trova quasi esclusivamente risposta securitaria.

13. Per l’Italia c’è bisogno di un’alternativa organizzata e credibile, così come ci ricorda (lo fa da un po’…) Marco Damilano sull’edizione di Domani di oggi 9 giugno 2024. Allego in fondo a questo testo l’articolo completo. 

14. Se scendiamo ancora di scala, lì dove possiamo agire nel territorio che abitiamo ogni giorno, due sono i fronti che meritano la nostra massima attenzione e la contestuale azione.
C’è in primis il tema – non solo istituzionale, ma culturale e pratico insieme – della necessaria rigenerazione dell’Autonomia speciale di cui beneficiamo, oggi alle prese in Trentino con una sorta di appiattimento gestionale (si pensi al mondo cooperativo e alla sua ambigua deriva) e in Italia con i rischi connessi alla cosiddetta riforma dell’Autonomia differenziata. Siamo in grado di restituirle capacità generativa, sulla base di un rinnovato impegno comunitario che ne fu la vera radice fondativa?
C’è poi la questione degli ambiti cittadini (Trento e Rovereto soprattutto) che potrebbero e dovrebbero essere i luoghi privilegiati di una sperimentazione politico/amministrativa capace di attivare e coinvolgere, di far sentire protagoniste tutte quelle energie presenti. Abbiamo voglia di giocare questa partita ri-costitutiva dentro le nostre città?

[da leggere: La società esiste, Giorgia Serughetti – Laterza / Governare il clima, Charles F. Sabel – Donzelli]


Che fare?
Ipotesi di lavoro.

15. Data per scontata l’interconnessione sempre più stretta fra le diverse dimensioni planetarie compito primario – dal punto di vista culturale, nel modo di guardare al Mondo – è quello di mettere in dialogo il molto distante con ciò che ci sta più vicino. Dal Pianeta terra al quartiere, sapendo equilibrare il rapporto tra Europa, Stati e territori. Non si tratta di un esercizio naif, buono per esperti o accademici, ma della costruzione base di conoscenza per una cittadinanza più consapevole ed esigente.

[da leggere: Quale Europa, a cura di Elena Granaglia e Gloria Riva – Donzelli]

16. Sono diversi gli attori coinvolti che devono tornare a riconoscersi reciprocamente, riallineando ruoli e capacità di pensare e fare insieme: istituzioni, corpi intermedi, attivismi, cittadini. Per questo sono particolarmente utili e curiosi tutti quei luoghi di frontiera che stanno nascendo per colmare le distanze fra questi mondi, rimettendoli in connessione e sinergia.

“Non basta avere ragione” era il titolo di una bella tre giorni che Ti Candido e Ci sarà un bel clima hanno organizzato proprio qui a Trento lo scorso aprile con l’obiettivo di far incontrare attivisti/e per il clima e amministratori/trici pubblici.

“Lavorare con quello che c’è per determinare il cambiamento” è un’altra frase che mi sono appuntato di quell’incontro, che si è concentrato sul capire come modificare i rapporti di forza attuali (alla ricerca di nuove alleanze), come migliorare il nostro fare politica recuperando pezzi di potere – inteso come verbo più che come sostantivo – lì dove oggi ci sono preclusi.

17. Ho già scritto altrove (qui: La Politica alla prova dello straordinario e dell’essenziale) che se c’è una cosa urgente è quella di ripartire da quelli che potremmo chiamare i fondamentali. Poche premesse per una vita buona che si sostituiscono alle troppe promesse che poi non troveranno realizzazione e che si cancelleranno come parole tracciate sulla sabbia.

Sanità e welfare, casa e istruzione, energia, cibo e trasporti, limitando l’elenco agli elementi minimi che stanno a fondamento del buon vivere, vanno rimessi ai primi posti dell’agenda politica e vanno messi con sufficiente radicalità in discussione i modelli con cui negli ultimi decenni ognuno di essi è stato gestito.”

18. Se come abbiamo detto la democrazia rappresentativa è ancora il campo dentro cui stiamo giocando questa partita non possiamo fare a meno di partiti che dentro ad esso si muovano, possibilmente in buono stato di salute. Per farlo devono disporre di comunità sufficientemente ampie e solide, di organizzazioni adeguate, di capacità di immaginare e di condividere con altri/e ciò che immaginano e intendono costruire. Dovrebbero emozionare, convincere, coinvolgere, farsi votare e da lì ricominciare dall’inizio in un movimento circolare di non facile realizzazione.

19. Guardando al centrosinistra il Partito Democratico esito della segreteria Schlein è un partito che ha oggi una riconoscibilità più definita, una migliore reattività e capacità di attivare e – non è poca cosa – una sufficiente tenuta territoriale. Avs (Alleanza Verdi e Sinistra) regge e presidia l’area ambientalista e sociale, faticando – non solo per colpa propria – ad allargarne i contorni, rischiando di confermarsi in un ruolo di testimonianza dentro un mondo sull’orlo del collasso ecologico. Del M5s non so dire granchè, perchè dopo i primi exploit elettorali e dopo le dimenticabili esperienze parlamentari (da Conte in giù) sono ai miei occhi un grande mistero. Rimane poi la galassia dei cosiddetti moderati o centristi – di cui forse l’unica espressione interessante è quella che ruota attorno a Carlo Calenda – che dentro il Mondo che si dibatte tra spinte autoritarie di stampo fascista e tentativi di socialismo post-novecentesco continuano a cercare però una terza via che sembra ormai smarrita.

20. Tenuti insieme (e sappiamo quanto è dura) e portati alle loro massime prestazioni – ricordando che la Politica è un sistema di vasi comunicanti la cui somma fa sempre e comunque 100% – i Partiti non bastano per accompagnarci oltre la transizione democratica in atto così per come l’abbiamo descritta finora.

21. Da quindici anni a questa parte – uso sempre la mia memoria politica come strumento di analisi – si sono moltiplicate le esperienze civiche che per descriversi hanno scelto l’etichette “nè di destra, nè di sinistra”. Una fuga disordinata dai partiti e dalle appartenenze ideologiche che ha generato una confusione ancora più grande, tanto nei rappresentanti quanto nei rappresentati. Dirsi civici in questa maniera è molto spesso una scorciatoia per evitare di interrogarsi su ciò che si è, accontentandosi di rivendicare la distanza dalla Politica, ormai totalmente screditata.

22. C’è stata e continua ad esserci una galassia di esperimenti civici – soprattutto cittadini, ma non solo – che hanno guardato con interesse a un ri-nascente modello municipalista (il caso di Barcellona e della sindaca Ada Colau è stato quello di maggior successo) che fa della prossimità amministrativa la leva per migliorare la vita delle persone attraverso politiche per la giustizia sociale e di lotta alle disuguaglianze, utilizzando la stessa prossimità come innesco per ricucire le fratture comunitarie e le ferite partecipative.

23. L’effetto moltiplicatore di buoni partiti e una fitta rete municipalista – dentro una sana dialettica e una convinta collaborazione – è probabilmente quello di cui avremmo bisogno in questo momento.

23. C’è una storia politica che sono felicissimo di aver visto nascere e crescere nel nostro territorio. Si chiama Officina Comune. Officina comune ai miei occhi “non” è solo una lista civica, è molto di più…

[da leggere: Fare mondi, Ian Cheng – Timeo edizioni]

Un passo avanti.
Aiutare generosamente ciò che ancora non c’è.

24. La storia di Officina Comune non dovrebbe interessare solo “qualcuno”, perché più curioso rispetto a determinate sperimentazioni politiche. Officina Comune e il suo percorso – molto prima culturale e sociale, poi anche elettorale – sono un segnale di possibilità, l’imprevisto nella trama di cui Edoardo Camurri parlava nell’estratto in premessa. E’ un invito al cercare soluzioni inedite, capaci di stupirci e di farci desiderare. Una spinta a costruire – oltre noi stessi – luoghi piacevoli e accoglienti.

25. Dovrebbe interessare le attuali classi dirigenti (in quota parte mi ci metto pure io, con il ruolo di consigliere comunale di una città di medie dimensioni) che si dovrebbero sentire sfidati a fare meglio, ad aprire canali di interlocuzione, momenti di riconoscimento e reciprocità, tentativi di nuove e proficue alleanze.

26. Dovrebbe interessare a una molteplicità di soggetti che – ognuno con il proprio ruolo – stanno dentro la società e che con le proprie azioni ne orientano l’andamento. Amministratori pubblici e privati, mondi associazionistici e movimenti, cittadini singoli o nelle diverse forme di loro organizzazione. Sono chiamati ad andare oltre la disaffezione e l’illusione del civismo apolitico per rioccuparsi della cosa pubblica e del suo buon funzionamento.

27. Cura del metodo, di un tempo dedicato. Cura dei temi e della loro conoscenza, approfondita e diffusa. Cura delle relazioni, dove la comunità è davvero l’infrastruttura su cui fare affidamento per rimettere il bene comune al centro dell’azione politica che vogliamo praticare. Questo è il messaggio che a me è arrivato forte in questi mesi – o forse anni – di frequentazioni con Officina Comune.

28. Cambiare – aprendo e rendendo accessibili – le istituzioni, lì dove temporaneamente le si rappresenta così da lasciarle migliori a chi verrà dopo. Rigenerare la Politica (intesa come organizzazione e cultura, società e amicizia, formazione e comunicazione) utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione, dentro e fuori i Partiti ma sopratutto in ogni punto di intersezione tra spazi e sensibilità diverse. Moltiplicare le occasioni per crescere insieme e sfidare la solitudine, per imparare qualcosa di nuovo, per creare le condizioni di alleanze di futuro. Ecco la lista minima dei nostri compiti politici, da qui ai prossimi anni.

29. Servirà tanta generosità, virtù che Luigina Mortari ci ricorda non essere riconosciuta come prioritaria dalla politica contemporanea. Applicata insieme ad un mix di pazienza e coraggio ci potrà permettere se ci crediamo di “azzardare nuove visioni politiche”. Ci sono leader e comunità – servono entrambi per far funzionare la cosa – che vogliono essere i promotori di questa rottura di schema, a segnalare la partenza di una fase diversa e più entusiasmante, per tante e tanti?

30. Io sono arrivato fin qui. Oltre non si può andare da soli. Serve una spinta collettiva che mi auguro questo territorio e i suoi abitanti sappiano esercitare al più presto.

[da leggere: La sapienza politica, Luigina Mortari – Raffaello Cortina edizioni]

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